Il cloud computing spiegato da Oracle

Stamattina, cercando di smaltire un po’ di articoli arretrati ancora da leggere dal mio feed reader, ho dato una letta a questa intervista pubblicata sull'”Oracle Magazine” nel numero di Marzo/Aprile 2010. In realtà quello riportato è solo un estratto dell’intervista completa, ma a me pare sufficente. L’intervista completa è disponibile in podcast; approfitto per fare una considerazione su questa cosa:  io ho due problemi con questo metodo di divulgazione di informazioni (il podcast), problemi che valgono anche per i video su youtube, molto utilizzati da Oracle negli ultimi tempi, il primo problema è di lingua, in quanto faccio molta fatica a seguire un’intervista o una presentazione in inglese. Il secondo problema invece è quello posto anche da Cary Millsap tempo fa, ovvero che ascoltare un podcast o seguire un video richiedono molto più tempo di quanto me ne occorra per leggere un articolo (per me, in più rispetto a Millsap c’è appunto il primo problema quello della lingua che accuisce anche il secondo problema).

Era un po’ che non scrivevo qualcosa sul cloud computing, (se la mia ricerca non è bucata l’ultimo post è questo, del 5 maggio dell’anno scorso) d’altra parte sono in linea con la produttività di nuovi post di questi ultimi post.

Tornando quindi all’intervista, fatta a un dirigente Oracle, Sushil Kumar, il quale in sostanza parla della definizione ufficiale di Cloud Computing data da NIST e reperibile qui (il link riportato nell’articolo è  sbagliato nel momento in cui scrivo). Mi permetto di riportare la definizione formale data dal NIST, in quanto l’ho trovata chiara ed esauriente.

Il cloud computing è un modello per abilitare un accesso conveniente e su richiesta a un insieme condiviso di risorse computazionali configurabili (ad esempio reti, server, memoria di massa, applicazioni e servizi) e possono essere rapridamente procurate e rilasciate con un minimo sforzo di gestione o di interazione con il fornitore del servizio. Questo modello “cloud”  promuove la disponibilità ed è composto da cinque caratteristiche essenziali, tre modelli di servizio e quattro modelli di rilascio.

Caratteristiche essenziali (le riporto senza traduzione):

  1. On-demand self-service
  2. Broad network access
  3. Resource pooling
  4. Rapid elasticity
  5. Measured service

Modelli di servizio:

  1. Cloud Software as a Service (SaaS)
  2. Cloud Platform as a Service (PaaS)
  3. Cloud Infrastructure as a Service (IaaS)

Modello di Rilascio:

  1. Private cloud
  2. Community cloud
  3. Pubblic cloud
  4. Hybrid cloud

Non riporto tutto per motivi di tempo e spazio, per cui mi limito ora a fare le mie considerazioni. Ho trovato interessante l’intervista e la definizione che non avevo letto prima perché trovo che si sia riportato sotto la definizione di “cloud computing” tutta una serie di modelli gia esistenti,  quindi se un’azienda si è dotata di una infrastruttura di virtualizzazione si può dire che abbia utilizzato un modello di cloud computing, in questo caso con un modello di rilascio “privat0”, un modello di servizio IaaS e che più ho meno ha le cinque caratteristiche essenziali che caratterizzano il modello cloud.

Kumar spiega i pro e i contro del modello cloud, ma appunto evidenzia come, anche io nelle mie passate disquisizioni, parlando di Cloud, il caso Amazon (AWS) ne è l’esempio,  si tende o si è teso a intendere cloud computing quello con modello di distribuzione pubblico, ma non è necessariamente così, ogni azienda può dotarsi del modello che più è confacente alle sue esigenze, in questo senso il cloud ha fatto grandi progressi e ne sta facendo (forse qualche volta anche troppi 🙂 ).

3 pensieri su “Il cloud computing spiegato da Oracle

  1. Marco

    A parte l’accurata classificazione, non riesco leggere tra le righe cosa ci sia di nuovo rispetto ai vecchi paradigmi di computazione remotizzata, tipo gli Application Service Provider tanto per non andare troppo nel passato.

    Stando al termine “cloud”, mi dava l’idea di un insieme distribuito di servizi perfettamente fungibili, alla p2p per esempio…

    Insomma in cosa consiste la novità?

    1. Ciao Marco, secondo me rispetto al passato c’è una maggiore flessibilità, una maggiore trasparenza e una maggiore possibilità per chi offre questi servizi di ottimizzare le risorse. Ho scritto questo post 4 mesi fa ma per me è come fossero passati due anni e confesso che ho dovuto rileggermelo 🙂 … ultimamente non seguo molto le evoluzioni di questa tecnologia, ma per risponderti mi viene i mente che mentre con i vecchi application service provider occorreva sviluppare applicazioni appositamente per questo tipo di servizio, con il cloud computing si può facilmente migrare una applicazione che sta su un server fisico ospitato in sede su una piattaforma cloud tipo amazon AWS.

  2. Pingback: La virtualizzazione per MS nel 2011 « Oracle and other

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